Nella giornata di ieri, sabato 25 marzo 2023, una rappresentanza del gruppo territoriale di Roma di Gaynet ha partecipato al dibattito seguito alla proiezione del cortometraggio Ikos (Italia, 2022) di Giuseppe Sciarra, organizzata da Filmstudio al Teatro Tordinona.
Il documentario tratta i temi del bullismo, dell’omofobia, della depressione e del tentativo di suicidio, da un punto di vista autobiografico.
Ikos mette su schermo la dolorosa e toccante infanzia di Giuseppe Sciarra, che compare nel film insieme all’attore Edoardo Purgatori.
Subito dopo la proiezione è stato dato spazio al pubblico, che ha potuto fare domande direttamente al regista e intavolare un dibattito sui temi trattati. Purtroppo la proiezione è iniziata in ritardo, a causa dell’arrivo in ritardo della gran parte del pubblico, un’abitudine molto diffusa a Roma che sarebbe meglio non avere almeno quando si va in cinema e teatri. Questo ritardo ha portato, purtroppo, a una riduzione del tempo dedicato al dibattito.
Il dibattito è stato molto interessante e utile, sia per la presenza e gli interventi di docenti di scuola, sia per le testimonianze tra il pubblico di persone che hanno subito bullismo nel periodo scolastico.
Tra i vari interventi è emersa l’enorme diffusione di fenomeni come bullismo, omofobia, sessismo, maschilismo, razzismo e xenofobia, che, contrariamente a certi stereotipi, sono presenti ovunque, dai paesini di provincia alle metropoli più grandi, dalla Sicilia al Trentino-Alto Adige, interessando ogni classe sociale.
Un altro aspetto emerso è come una parte del corpo docente non riesce, o forse non vuole, affrontare certe tematiche e certi problemi.
È stato anche sottolineato, dal nostro socio Titty Gaudio, il senso di solitudine e abbandono che spesso provano le persone bersaglio di discriminazioni, bullismo o violenze, in quanto spesso le istituzioni latitano, non aiutano in nessun modo chi necessita di assistenza e cura e, allo stesso momento, non sanzionano chi compie questi atti di bullismo.
Ciò vale per qualsiasi istituzione, dai Servizi Sociali alle Aziende Sanitarie Locali, dai Tribunali per i minorenni ai Ministeri competenti. Chiaramente, quando le persone adulte non ci sono e se ci sono guardano da un’altra parte, diventa difficile attuare azioni di prevenzione del bullismo, dell’omofobia, delle violenze.
Ikos è sicuramente un cortometraggio da vedere e da far vedere a quante più persone possibile.
È visibile sulla piattaforma Prime Video di Amazon.
Il 17 maggio si celebra la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, che è stata indetta con la risoluzione del Parlamento Europeo del 26 aprile 2007. Di seguito riportiamo una serie di dati che inquadrano la qualità di vita delle persone lgbtiq in Italia.
Rapporto Ilga Europe
La ricorrenza cade a distanza di pochi giorni dalla diffusione del rapporto di Ilga Europe 2022 che pone l’Italia al 33esimo posto in relazione ai diritti e alla qualità della vita delle persone LGBTIQ su 49 Paesi tra Europa e Asia.
Zero è il punteggio assegnato allo Stivale rispetto alle azioni di contrasto ai crimini d’odio basati su orientamento sessuale e identità di genere.
Su questo argomento specifico l’Italia viene superata dalla Lettonia, che ha approvato nell’ultimo anno una legge ad hoc per quanto parziale (per approfondire www.rainbow-europe.org).
Omofobia.org
Dal rapporto di Omofobia.org 2021/22 diffuso in collaborazione con Da’ Voce al Rispetto, emergono i dati relativi alle violenze di matrice omolesbo-transbifobica avvenute sul territorio italiano dal maggio del 2021 all’aprile del 2022 (denunce penalmente rilevanti).
Da quando Omofobia.org ha iniziato a raccogliere i dati (2013) 1384 persone hanno sporto denuncia, comprese le 148 degli ultimi 12 mesi.
Dalla strada all’ambiente domestico i numeri restituiscono lo spazio pubblico come il più frequente scenario per le violenze.
L’omofobia online
In 17 hanno sporto denuncia contro gli haters del web.
Scendono a 18, rispetto alle 35 dell’anno passato, le denunce relative ad aggressioni avvenute in famiglia.
Scendono anche le percentuali relative alle violenze avvenute in classe e in ufficio, rispettivamente 1% (contro il 4% dell’anno precedente) e 2% (contro il 5%).
L’età delle persone che denunciano
Mentre diminuiscono le persone che denunciano dai 31 ai 40 anni, aumentano quelle più giovani.
A denunciare maggiormente è la fascia dai 21 ai 30 (33%), mentre
cresce fino quasi a raddoppiare rispetto l’anno precedente il numero di persone dai 10 ai 20 anni (29%).
IL GENERE delle persone che denunciano
Denunciano più i maschi cis (65%, escludendo gli omicidi) seguite dalle donne cis che passano da una media del 17% degli anni passati al 24% degli ultimi 12 mesi.
La percentuale di persone trasgender che ha denunciato scende di un punto (passando dal 12% della media all’11% di quest’anno), ciò nonostante le donne trans sono le più colpite da omicidio.
Differenti tipologie di violenza
I dati di Omofobia.org registrano un aumento di aggressioni fisiche, che sono il 58% del totale: 38 denunce per aggressioni singole e 43 per le aggressioni da branco.
Si registra inoltre una diminuzione del numero dei suicidi.
Discriminazioni sul lavoro subite dalle persone unitesi civilmente
Vanno infine sottolineati i dati dell’indagine pubblicata nelle ultime settimane da ISTAT e UNAR.
Il 68% delle persone unite civilmente dichiara di non tenere il proprio partner per mano nei luoghi pubblici e il 26% dichiara che il proprio orientamento sessuale è causa di svantaggi sul
lavoro.
Il 40,3% delle persone intervistate riferisce di aver tenuto nascosto il proprio orientamento sessuale (41,5% tra le donne, 39,7% tra gli uomini).
Una persona su cinque afferma di aver evitato di frequentare persone dell’ambiente lavorativo nel tempo libero per non rischiare di rivelarlo.
Circa sei persone su dieci hanno sperimentato almeno una micro-aggressione sul posto di lavoro.
Per micro-aggressione si intendono messaggi denigratori e insulti, anche sottili e anche rivolti in modo automatico o inconscio. Il più diffuso è “frocio”, segue l’uso dispregiativo del termine “lesbica” e affermazioni denigratorie come “tal comportamento è da gay”.
Riceviamo una mail da un nostro socio, Tom Dacre, sulla fiction tv di RAI 1 Un professore per la regia di Alessandro D’Alatri, che abbiamo girato al nostro esperto di media Alessandro Paesano che ha risposto a Tom.
Pubblichiamo mail e risposta con l’auspicio che possa essere occasione per riflettere sulla capacità dei telefilm di smuovere l’immaginario collettivo, e offrire personaggi nei quali tutte le persone possano davvero immedesimarsi.
Perché parafrasando Fassbinder, i telefilm liberano la testa ma possono anche fare dei danni.
Dall’11 novembre al 16 dicembre 2021 sono andati in onda su rai 1 in prima serata gli episodi della serie tv un professore che racconta le vicissitudini di Dante Balestra, un insegnante di filosofia di mezza età sia nel lavoro a scuola che nella vita privata; le due sfere nella fiction si incrociano essendo Simone Balestra, suo figlio, anche alunno di una classe in cui insegna.
Nel corso della trama Simone si scopre omosessuale e attratto dal suo migliore amico, Manuel, con il quale avrà una notte d’amore ma che, nonostante tutto, si dichiara eterosessuale.
La serie sembra avere una qualità migliore rispetto al prodotto medio rai (cioè almeno personalmente non mi puzza di fascioclericalata “buonista” come la fiction del prete in bicicletta che si dà alle indagini, serie che nemmeno nomino), porta non solo delle piccole nozioni di filosofia al grande pubblico, ma anche è libera, a parer mio, da quel moralismo perbenista che mi sembra di trovare in molti prodotti Rai, e tratta l’argomento omosessualità e la scoperta di sé in modo realistico, senza patetismi e macchiette.
Ciò che mi ha deluso invece, soprattutto da persona bisessuale, è stata la mancanza del concetto di bisessualità; capisco che nessuno dei personaggi lo sia, nemmeno Manuel sebbene abbia avuto un rapporto sessuale con Simone (non è un rapporto sessuale a definire l’orientamento sessuale di una persona), ma almeno potevano nominarla anche solo nei dialoghi, anche solo per ipotesi;
ad esempio quando Simone e Manuel parlano del rapporto sessuale che hanno avuto Manuel sottolinea la propria eterosessualità e dice a Simone che il rapporto ha avuto con lui c’è stato perché “con lui è diverso” (cit.); qui nella sceneggiatura si poteva inserire la domanda di Simone a Manuel “non è che sei bisessuale?” a cui la risposta sarebbe stata no, ma almeno avrebbero mostrato di aver tenuto conto dell’esistenza della bisessualità; così come si poteva far dire a Manuel “non sono gay né bisessuale”, e invece no, la parola “bisessuale” o “bisessualità” non sono proprio nominate…
Spero almeno che l’argomento venga trattato nella seconda stagione della serie, che è stato annunciato si farà.
Tom Dacre
Ciao Tom,
hai perfettamente ragione, nella nostra discorsività la bisessualità non è ancora una opzione. Rimaniamo dentro un dualismo etero-omo angusto e ipocrita.
Fai bene a pretendere che la bisessualità venga menzionata, perché esiste ed è il terzo orientamento sessuale, quello che di fatto spezza il binarismo omosessista che contrappone all’eterosessualità esclusivamente le omosessualità (gay e lesbica), un binarismo criticato, giustamente, da certo pensiero queer e non solo.
La serie diretta da un regista bravo come Alessandro D’Alatri, e sceneggiata da Sandro Petraglia, un uomo di grande mestiere, promuove timidamente in un immaginario collettivo tutt’altro che inclusivo.
Quando Simone racconta alla sua ex Laura che si è innamorato di Simone, le dice che l’ha lasciata non perché ama un’altra persona ma perché ha capito di essere gay (e la parola non viene nemmeno detta, ma solo allusa).
Nell’immaginario collettivo della fiction Simone sembra aver lasciato Laura più per incompatibilità che per onestà sentimentale.
Anche qui la bisessualità avrebbe potuto fare capolino, come possibilità, ma per Petraglia, lo sceneggiatore, se sei un ragazzo e ti piacciono gli uomini allora le donne non ti piaceranno sicuramente. Questo immaginario non funziona e i giovani e le giovani di oggi non hanno dei personaggi in cui immedesimarsi.
Finché pensiamo agli orientamenti sessuali come a dei recinti dai quali non possiamo mai sconfinare, a qualsiasi età, non capiremo mai davvero che Simone può essere gay ma fare l’amore anche con le ragazze, e che Manuel può essere etero anche se fa l’amore con Simone, perché non gli piace Simone in quanto ragazzo ma in quanto Simone, proprio quella persona lì, non il rappresentante di una categoria.
Mi chiedo quante persone abbiano rinunciato a un amore omoerotico per tema di dover rinunciare al resto, a quel luogo ideale dove preferiscono stare di solito ma dal quale, per il momento, si sono allontanate.
Purtroppo questa serie è pavida al punto tale di scegliere addirittura di non mostrare né il momento in cui Simone fa coming-out con la madre, vediamo il dopo, senza nominare che cosa è venuto a dirle, e, ancora più significativo, il momento un cui Simone e Manuel fanno l’amore.
Petraglia in seguito alle tante proteste del pubblico ha risposto che non è sempre necessario mostrare uno scambio sessuale. Quale sesso? Petraglia ignora che quello che il pubblico ha bisogno di vedere non è il sesso simulato ma l’affetto rappresentato, gli sguardi di amore e di eccitazione, il desiderio, la passione, l’essere insieme che fa di due persone qualcosa di forte, di potente, d’invincibile: due ragazzi che si amano.
Non il sesso ma l’amore.
Invece per l’Italia bacchettona del terzo millennio un mezzo bacio e un paio di indumenti raccolti, dopo, devono bastare.
Quindi Tom purtroppo, come vedi, questa serie impoverisce l’immaginario collettivo da diversi fronti.
Lo impoverisce dal fronte della bisessualità che non viene nemmeno presa in considerazione, di cui tu giustamente protesti, e da quello dell’affettività tra persone dello stesso sesso, che invece di essere censurata dovrebbe restituire con emozione, trasparenza ed empatia la relazionalità tra due ragazzi che si amano portando in scena i loro sentimenti.
Alessandro Paesano
Voi che ci leggete cosa ne pensate?
Vi va di commentare, di scrivere, di intervenire?
Un’unica raccomandazione nessuno vi chiede di difendere una serie che vi piace né di criticare una serie che non vi è piaciuta. Vi chiediamo se riuscite a immedesimarvi nell’immaginario collettivo proposto da Petraglia e d’Alatri.
Il Coming OutDay è una ricorrenza internazionale in cui le persone LGBTIQ celebrano l’importanza del coming out.
IlComing Out Daysi è celebrato per la prima volta negli USA l’11 ottobre 1988 su idea di Robert Eichberg, psicologo, e Jean O’Leary, attivista LGBTIQ. La data scelta fu quella della seconda marcia nazionale su Washington per i diritti delle lesbiche e dei gay, tenutasi l’anno prima.
Coming out
Coming out è la forma abbreviata dell’espressione statunitense coming out of the closet, letteralmente “uscire dall’armadio (a muro)”, quindi uscire allo scoperto.
Si riferisce al momento in cui una persona non eterosessuale dichiara il proprio orientamento pubblicamente, sia in ambito familiare, che in quello delle amicizie o lavorativo (una persona può aver fatto coming outcon gli amici e non in famiglia o viceversa).
Il coming out può riguardare anche l’identità di genere, nel caso delle persone transgender o intersessuali.
Ostentare?
C’è chi pensa che fare coming out sia una forma di ostentazione.
D’altronde che bisogno c’è che il mondo sappia con chi vado a letto, con chi faccio sesso?
Questa considerazione tradisce un forte pregiudizio sull’omosessualità: quello di ridurre l’orientamento sessuale all’attività sessuale.
Quando una persona omosessuale parla dei suoi affetti non sta ostentando la sua sessualità proprio come fanno le persone etero in tutte le canzoni, le poesie, i film e i romanzi che parlano di amori tra persone di sesso diverso. Si parla di batticuore, di sentimenti, di speranze, di dolore per gli amori non corrisposti, o per quelli finiti.
Si chiama l’amico o l’amica del cuore per parlare della persona che amiamo, anche se non ci abbiamo ancora fatto sesso, e magari vorremmo tanto farlo.
L’ostentazione sta nell’occhio di chi guarda, non in chi vuole gridare al mondo il proprio amore.
Tutti gli orientamenti sessuali sono di default
L’ostentazione di cui si accusa l’amore per le persone dello stesso sesso scaturisce dalla convinzione che l’eterosessualità sia l’unico orientamento sessuale di default e che gli altri siano come degli accidenti da tollerare.
Includere significa anche presumere che uomo e una donna possano avere tanto un fidanzato quanto una fidanzata perché entrambe le possibilità hanno uguale dignità e rispetto.
Ecco cosa c’è dietro il coming out.
Finché si darà per scontato che siamo tutti e tutte eterosessuali ci sarà bisogno di fare coming out.
Attenzione però. Il coming out è un diritto non un dovere.
Nessuna persona deve sentirsi in dovere di fare coming out e se non lo fa non deve darne d’onde a chicchessia.
Buona giornata delComing out a tutte le persone, quelle che lo hanno fatto e quelle che lo devono ancora fare!