Durante la quarta serata di Sanremo 2022, l’ospite Jovanotti, dopo il duetto con Gianni Morandi, ritorna sul palco dell’Ariston per un intervento durante il quale recita i versi della poesia di Mariangela Gualtieri Bello mondo.
Sanremo 2022
Jovanotti chiama Gualtieri, com’è giusto che sia, poeta e non poetessa, facendo il paragone con la parola atleta dicendo che sono parole senza genere.
Fin qui tutto bene, anzi, benissimo.
Purtroppo, per eccesso di zelo, quando chiama Gualtieri poeta, Jovanotti usa l’articolo al maschile e dice è un grandissimo poeta.
Adesso è vero che la parola poeta, come atleta, è senza genere o meglio di genere comune, e non cambia desinenza per fare il maschile o il femminile.
La lingua italiana però richiede sempre un accordo dei sostantivi sul genere grammaticale con gli articoli gli aggettivi i verbi.
Per cui dirò Montale è un grandissimo poeta e Gualtieri è una grandissima poeta, proprio come Elisa Balsamo è UNA atleta.
Il maschile inclusivo
Vien da chiedersi perché Jovanotti abbia declinato al maschile la parola poeta quando la grammatica italiana non solo gli permette ma lo obbliga in questo caso a usare il genere grammaticale femminile.
Forse, ma non potendolo chiedere al diretto interessato la nostra rimane una speculazione, perché, abituate e abituati al maschile inclusivo, anche dinanzi a un nome ambigenere, il maschile ci appare istintivamente come il genere comune. Come se, togliendo quel suffisso derivativo a poet-essa la parola che rimane, poeta, non possa che essere maschile.
E invece no.
Il femminile dei nomi di professione.
La lingua italiana permette il femminile per tutti i nomi di professione anche quelli di genere comune, sia quelli che al plurale si declinano, com’è il caso di poeta e atleta (che al plurale fanno, rispettivamente, poet-i poet-e e atlet-i atlet-e) sia per quei nomi pienamente ambigenere come giudice, che resta invariato anche al plurale (i giudici le giudici) o vigile.
Se, sbagliando la grammatica, chiamiamo Mariangela Gualtieri UN poeta, tanto vale chiamarla poetessa come crede Cecilia Robustelli che è in disaccordo con Alma Sabatini che è stata la prima a suggerirne l’uso.
Le ragioni di chi è contrario…
C’è chi dice che è una questione di abitudine, visto che fino a poco tempo fa le donne non accedevano a certe professioni viene spontaneo chiamare avvocato anche una donna.
Viene da chiedersi allora perché non si chiami infermiera anche un uomo visto che gli uomini prima del 1971 non potevano accedere, per legge, a quella professione…
C’è chi per i nomi di professione crede di dire bene quando ragiona che il termine si riferisce alla funzione e non già all’identità di genere di chi la esercita.
Per cui dovremmo dire il sindaco Virgina Raggi, il ministro Mara Carfagna.
Però non ci sogneremmo mai di dire il maestro Carla, il parrucchiere Serena, per le quali usiamo i regolari femminili, che esistono anche per sindaco e ministro.
Evidentemente queste resistenze si basano su un orecchio non solamente sessista ma anche classista che non trasale a sentire maestra ma lo fa per ministra, si adonta per sindaca ma non per monaca.
Un orecchio di parte, un orecchio da rieducare.
…o contraria.
Anche quello di molte donne purtroppo, che, sentendosi chiamare con la carica al femminile, storcono il naso, ritenendolo meno autorevole del maschile, come fu per Camusso che si faceva chiamare segretario della CGIL o Beatrice Venezi che, a Sanremo 2021, diceva di essere direttore d’orchestra.
O, più recentemente, Maria Sole Ferrieri Caputi che, quando si sente chiamare arbitra, teme la si voglia sminuire rimarcando che lei è una donna.
Una antica abitudine al patriarcato fa pensare a queste donne che la vera conquista sia di avere accesso alle cariche maschili nonostante il loro essere donna, senza capire minimamente che la vera conquista la si fa anche col nome.
L’esclusione delle donne.
Finché le donne non avranno anche nel nome il riconoscimento delle professioni che con tanta fatica sono riuscite a conquistare resteranno invisibili e nascoste dietro un nome maschile che si pretende neutro, mentre in italiano il neutro non esiste.
Perché in un mondo detto sempre e solamente al maschile, le donne non hanno la possibilità di rispecchiarsi, rimanendo invisibili a se stesse e al mondo, in quanto innominate. E dal non detto all’inesistente il passo è breve.
Naturalmente diciamo questo per sensibilizzare le donne non per imporre loro alcun nome, per cui chiameremo Camusso, Venezi e Ferrieri Caputi coi nomi che si sono scelte, perché il diritto all’autodeterminazione è inalienabile anche quando esercita una scelta sessista.
Ci auguriamo siano loro a capire che il nome di professione al femminile non le rispedisce in serie B ma le annovera finalmente in una serie A dove hanno la stessa visibilità dei colleghi.
Apprezziamo dunque le buone intenzioni di Jovanotti che, però, si sa dove conducono…
Per cui, ribadiamo, se chiamiamo Mariangela Gualtieri UN poeta, sbagliando la grammatica, tanto vale chiamarla poetessa.