Open, sabato 2 Aprile parliamo della stampa e dei “festini gay”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

OPEN, di Anddos-Gaynet Roma, è l’evento quindicinale nel quale l’associazone si apre alla città per conoscerci e incontrarci, tra un aperitivo e due chiacchiere informali.

Per questo secondo incontro il tema che proponiamo è

Esistono i “festini gay”?

Vogliamo chiederci perchè la stampa si ostina a parlare di un “mondo omosessuale” caratterizzato da un presunto “stile di vita gay” invitando chiunque voglia  venirci a trovare a una riflessione sul linguaggio dei media e il caso Varani.

Ci vediamo Sabato 2 Aprile dalle 17 alle 19 in Via Costantino 82 (Metro B, Basilica San Paolo)

L’ingresso è riservato ai soci e alle socie

info@anddos-gaynet-roma-org

cell. 327 3264024

http://www.facebook.com/GaynetRoma

Caso Varani: specchio o fantasma di una comunità

Foffo: “ho avuto con Marco solo un rapporto orale a causa dell’alcol e della droga che avevamo assunto”.

imgLuca Varani: un nome che da giorni riecheggia in tutti i mezzi di comunicazione, dalla tv ai quotidiani online.
Un nome che risveglia sentimenti di pietà, indignazione e vergogna, ma anche rabbia, frustrazione e disorientamento. Un nome che risuona nelle coscienze di ogni individuo, che chiedono chiarezza e gridano vendetta.
Molta è la curiosità sullo svolgimento reale dei fatti, ma questo è ancora pertinenza delle indagini; al momento potrebbe essere invece più fruttuoso interrogarsi sul perché un episodio come questo, all’apparenza non troppo dissimile da altri presenti nelle cronache, abbia suscitato tanto scalpore e, soprattutto, su come sia divenuto simbolo di una lotta civile ben diversa.
Il soggetto della vicenda, un ragazzo “come tanti” e i complementi ad esso associati, alcol e droga, sono chiaramente centrali nella risposta a questi quesiti: l’elemento che sconvolge maggiormente gli animi è la natura del protagonista del dramma, ovvero il suo essere il ragazzo della porta accanto che lo rende, di volta in volta, un eventuale figlio, fratello, amico.
Eppure, la risposta non è tutta qui: ogni evento può essere interpretato non solo sul piano di realtà, ma anche su quello simbolico e affettivo, in quanto portatore degli affetti e dei sentimenti del diretto interessato ma anche dell’osservatore o dell’osservatrice.
Ridurre la caleidoscopica complessità umana solamente a carne e sangue sarebbe un errore quanto meno sciocco, tanto più che si andrebbe a trascurare un aspetto fondamentale nel determinare qualsiasi interscambio, sia esso sano o patologico, tra esseri umani, cioè la cultura all’interno della quale quell’interscambio avviene.
Basta analizzare anche superficialmente il tessuto sociale e culturale di riferimento, quello italiano medio, per comprendere non solo alcuni aspetti della vicenda in sé, ma anche gli usi che ne sono stati fatti nonché la scelta di alcune espressioni comparse negli articoli che hanno trattato il caso.
Non è possibile trascurare la base ancora profondamente omofoba e sessuofobica della società italiana per operare un’analisi davvero accurata: non stupisce l’evidente confusione, oltre che l’ingenua sovrapposizione, tra l’orientamento sessuale e l’omicidio che si sta trattando.
Non è che la vecchia questione del saggio che indica la luna e dello stolto che guarda il dito: la luna, ovvero il fatto accaduto, può essere semplicemente una psicosi indotta dall’abnorme quantità di sostanze stupefacenti di cui i due omicidi hanno abusato; il dito è l’orientamento sessuale di uno, due o tutti e tre i ragazzi, il quale può essere di qualsisi tipo e, intelligentemente, messo da parte nel guardare all’evento.
Invece no: non solo si è parlato di “festino gay”, ma anche di “comunità gay”.
Ora, cosa vuol dire “festino gay”?
img 3Una festa cui partecipano persone il cui orientamento sessuale è gay? Cosa sta a qualificare l’attributo “gay” in un’espressione simile?
Pur volendo confidare nella buona fede di chi ha scritto quegli articoli, l’aggettivo serve solamente a suggerire un accostamento pretestuoso tra l’orientamento sessuale e le caratteristiche del “festino”, quali alcol e droga.
Tale accostamento, oltre ad essere tanto limitato e limitante quanto quello con l’atto omicida, introduce ad un’altra questione complessa dal punto di vista socioculturale: quella della “comunità gay”.
Esiste una comunità gay?
Se si considera il significato linguistico del termine “comunità”, inteso come “insieme di persone unite tra di loro da rapporti sociali, linguistici e morali, vincoli organizzativi, interessi e consuetudini comuni”, allora si può affermare che in effetti una comunità gay esista.
Tuttavia, non dimentichiamo che una qualunque comunità è sempre epifenomeno di una comunità intesa in senso macroscopico, che può essere quella nazionale, internazionale (ad esempio quella europea) o mondiale, fino ad arrivare a quella degli uomini e delle donne nel senso più generale possibile, di cui anche la famigerata “comunità gay” condivide gli aspetti più intimi.
Siamo fatti e fatte della stessa sostanza, di aspetti più adattivi, altri meno, ed è l’intreccio specifico di geni e ambiente in cui un individuo vive a determinare la sua irripetibile unicità.
E’ la cultura cui si fa riferimento a offrire una lente attraverso la quale leggere il mondo ed è chiaro che alla base di questo magma mediatico sul caso Varani ci sia uno scontro tra culture diverse.
Ciò che è in discussione è il fronte della tolleranza, dell’uguaglianza nel rispetto delle singole diversità, della liberazione sessuale, della parità dei generi e di tutto quel panorama culturale che affonda le sue radici nella lotta al razzismo e al sessismo, oltre che nel femminismo.
Detto questo, si può dare orgogliosamente il nome che si preferisce a una cultura simile, sia anche quello di “cultura gay”.
Luca Varani si offre come specchio e, allo stesso tempo, come spettro di una società permeata da una ristrettezza di vedute e alimentata da una serie di fobie che portano al martirio mediatico di un ragazzo già morto.
Per chiudere, alcuni spunti di riflessione:
che non sia questa stessa cultura a doversi interrogare su alcuni aspetti non indifferenti di questo episodio?
Che non sia l’ignoranza dilagante quella che porta Foffo a doversi giustificare con l’alcol e la droga per un presunto legame sessuale, se non affettivo, con Prato che lo qualificherebbe socialmente come omosessuale?
Certamente, lui non conta perché è un folle omicida. Bene.
E non può essere stata questa stessa ignoranza ad aver presumibilmente portato Luca a ricercare sesso a pagamento, piuttosto che viverselo alla luce del sole e non come una merce di scambio in nero?
E come la mettiamo con la circolazione di quantità tanto ingenti di sostanze stupefacenti a fronte di denaro, oltre che con la sua associazione arbitraria al sesso libero, come se fossero corresponsabili di un omicidio?
Il sesso libero (attenzione: libero da pregiudizi, non da precauzioni) è ancora visto come qualcosa di così torbido?
Magari le coscienze dovrebbero prima di tutto rispondere a questo.
Magari.

Christopher Pacioni

Caso Varani: Anddos annuncia querela contro chi getta fango sulle persone LGBTI. Grande soddisfazione

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Il nostro info point di sabato scorso all’Alpheus

Siamo soddisfatti e soddisfatte della decisione di Anddos, Associazione Nazionale contro le Discriminazioni da Orientamento Sessuale, alla quale siamo affiliati, di intraprendere azioni legali per tutelare le persone LGBTI dalla campagna diffamatoria a cui stiamo assistendo contro locali e circoli frequentati anche da moltissime persone eterosessuali.
In particolare, il nostro circolo compare anche nell’inchiesta de “Il Giornale”, mentre con i propri volontari era impegnato in un locale pubblico a distribuire profilattici e materiale informativo sulla prevenzione delle IST, sui servizi Anddos contro le discriminazioni e su altre iniziative culturali.
Il caso Varani, come ha dichiarato il Presidente di Anddos Mario Marco Canale, ha prodotto un’incredibile equiparazione tra realtà LGBTI e depravazione, degrado, abuso di droghe e violenza. Riteniamo che le responsabilità di questo massacro mediatico siano molteplici, in particolar modo di chi ha iniziato a parlare delle presunte “feste gay” in relazione a questa vicenda, consumatasi in un appartamento privato grazie ad un adescamento avvenuto in chat. Anche in qualità di circolo impegnato sui temi dell’informazione e del linguaggio nei media, abbiamo il dovere di denunciare con forza questa ignobile macchina del fango: le parole sono sassi e, in questo momento, si sta gettando un’ombra di discredito e pregiudizio che inasprirà in maniera molto grave le sofferenze di tutte quelle persone che già vivono situazioni familiari e sociali difficili e non sono pienamente accettate per quello che sono. 
Rosario Coco
Presidente Anddos-Gaynet Roma

5 Marzo: il discorso di Valerio Mezzolani, segretario Gaynet Nazionale

La piazza di ieri
La piazza di ieri

Ieri 5 marzo la manifestazione Ora diritti alla meta, dove decine di migliaia manifestanti hanno colorato piazza del Popolo a Roma per dire che le unioni civili sono un primo indispensabile passo ma che l’obiettivo è la piena e totale uguaglianza del matrimonio.
Oltre alla segretaria CGIL Susanna Camusso, che ha salutato i manifestanti dal palco ricordando la connessione fra le rivendicazioni della piazza e i temi delle discriminazioni sul lavoro, presente anche Amnesty International e Telefono rosa.
Quasi trenta le associazioni organizzatrici intervenute sul palco, aperto da Marilena Grassadonia di Famiglie Arcobaleno a ricordare che sono proprio i diritti dei minori ad essere stati esclusi dal ddl Cirinnà uscito dal Senato dopo lo stralcio dell’adozione del configlio.
Vista dal palco
Vista dal palco

Tanti gli artisti e gli ospiti che hanno voluto offrire il proprio contributo, da Giulia Innocenzi che ha servito la causa come presentatrice a Francesca Vecchioni, Emma Marrone e Paola Turci.
Noi di Gaynet abbiamo voluto fornire il nostro contributo con una riflessione sul valore delle parole, uno dei temi che più ci stanno a cuore (ricordiamo che qua sul nostro sito è scaricabile una versione dello Stylebook, glossario di termini a tema LGBT per tutti gli operatori dell’informazione).
Ecco una trascrizione del mio discorso dal palco di ieri per Gaynet.
Valerio Mezzolani
Alcuni momenti del discorso per Gaynet
Alcuni momenti del discorso per Gaynet

“Care e cari tutt*,
sui giornali, sui telegiornali, sui social network in questo ultimo periodo si sono lette tantissime parole su di noi e per fortuna, una cosa che, possiamo dircelo, ci fa molto piacere anche perchè non era mai avvenuta prima.
Tanti giornalisti però, troppi, hanno usato frequentemente espressioni come ‘matrimonio gay’, ‘adozioni gay’, ‘nozze gay’, che non rendono giustizia né a noi né, tantomeno, alla lingua italiana.
Il matrimonio infatti, in lingua italiana, è un istituto che indica l’unione fra due persone a prescindere dal sesso e noi non abbiamo alcuna intenzione di regalare la lingua italiana agli omofobi della cosiddetta famiglia tradizionale; perchè siamo italiani anche noi e questa lingua è anche nostra!
Sull’espressione ‘adozioni gay’, poi, non ci sarebbe nemmeno da discutere. Vi pare che un’adozione possa essere etero o omosessuale? Adozione è adozione, e noi la rivendichiamo in quanto persone.
Poi c’è un’altra espressione, questa davvero infame, che si è fatta strada ultimamente; riguardo alla gestazione per altri, definita ‘utero in affitto’. Chi usa questa frase vuol dire una ed una sola cosa: che le donne sono oggetti. Ecco perchè questa lotta non è solo nostra, è la lotta di tutti coloro che sono uniti contro il sessismo patriarcale!
Noi di Gaynet, in conclusione, vorremmo che quando si usano le parole si tenessero in conto anche i contenuti.
‘Nomina nuda tenemus’, diceva Umberto Eco ne Il nome della rosa, ‘possediamo soltanto nudi nomi, nude parole’. Siamo noi a dare un contenuto a queste nude parole, non è un libro sacro, non è la legge, siamo noi con le nostre testimonianze, le nostre esperienze, le nostre vite.
Matrimonio, adozione, facciamo nostre queste parole, perchè la nostra è anche una rivoluzione culturale, e possiamo esserne fieri!”